Global Chef Challenge 2022: Marco Tomasi sul podio

dal suo account Instagram
Intervista allo Chef Marco Tomasi della NIC (Nazionale Italiana Cuochi)
Marco Tomasi, classe 94, originario di Vicenza, è salito sul gradino più alto del podio partecipando con la Nazionale Italiana Cuochi, al Global Chef Challenge 2022, che si è tenuto ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, dal 30 Maggio al 2 Giugno. L’Italia ha conquistato l’ambito titolo passando davanti alla Svezia e a Singapore. Nella categoria Senior insieme a Marco (per il Veneto), si è aggiudicato il podio Tommaso Bonseri Capitani (per la Lombardia). Ho fatto per voi una chiacchierata con Marco Tomasi, se siete curiosi di sapere cosa ha raccontato ai nostri microfoni, non vi resta che proseguire la lettura dell’articolo.
Marco cos’è per lei il cibo? Ci definisca la sua idea di cucina. Partiamo dal fatto che il cibo è il bene di prima necessità per eccellenza come l’acqua, ma c’è qualcosa di più affascinante e poetico all’interno di esso. Da sempre il cibo è la chiave per qualsiasi cosa una volta quando c’era più povertà le persone lavoravano per portare “Il pane a tavola” per la propria famiglia, tutti gli avvenimenti più importanti vengono celebrati attorno ad un tavolo compleanni, matrimoni, battesimi, natali ecc. Lo stare a tavola è sicuramente un momento magico per me, fatto di serenità e allegria, lì ho sicuramente i ricordi più belli legati alla famiglia alle tradizioni e alla mia infanzia. Una grande fortuna che ho avuto è stata quella di avere delle nonne molto brave in cucina, ogni volta che vado a mangiare da loro c’è un’atmosfera fantastica. A me piace tanto andare a mangiare dalla nonna perché vivi proprio un momento di serenità, la stanza è piena di profumi e la tavola è apparecchiata sempre a dovere e mi sembra di vivere un momento magico. Forse perché oggi giorno siamo sempre tutti di corsa e molte volte non riusciamo a dedicarci a queste piccole semplici cose e poi non so perché dalla nonna è sempre tutto più buono. Sono molto legato ai gusti della tradizione mi piace una cucina semplice ma ricca nel gusto. Mi piace fare un po’ di tutto, principalmente quando cucino, cerco di utilizzare cotture o ingredienti che piacciono a me, sono molto critico nei miei confronti e penso sia una bella cosa per ottenere dei buoni piatti. Poi non c’è cosa più bella, che esprimere se stessi nel cibo e quando questo viene apprezzato è proprio un’emozione unica.
Ci racconti, da dove è scaturita la sua passione, già da bambino si divertiva tra i fornelli? Sono nato in una famiglia di grandi chef, ho la fortuna di avere il nonno che è stato un grande maestro di cucina per molti, che ne ha fatto di quest’arte come la definisce lui, la sua vita. Ora lui fa l’intagliatore scolpisce un po’ di tutto principalmente vegetali e formaggi ma anche legno e ghiaccio. Nella sua vita ha partecipato a molti concorsi vincendo numerosi premi è stato uno dei primi a cimentarsi in questo ambito. Adesso ha 82 anni, ma ancora oggi non riesce a stare lontano dai fornelli. Poi il papà Gianluca, general manager della nazionale italiana cuochi, anche lui ha partecipato a innumerevoli concorsi culinari portando a casa grandi risultati a livello internazionale, un grandissimo chef. Sicuramente il mio primo punto di riferimento, perché mi ha insegnato molto, in cucina ha sempre idee nuove e crea piatti pazzeschi. La cosa che ho imparato di più da lui è la sua idea di cucina: cose fatte bene, semplici ma buone. Potrà sembrare banale ma non lo è. Tante volte soprattutto adesso con i social, la tv e i media si tende a fare piatti super complicati perché deve essere di effetto visivo, cosa molto importante perché prima di tutto si mangia con gli occhi, ma la cosa più importante è che ti lasci un ricordo e che sia buono. Io quindi, grazie a questi due personaggi non ho avuto molta scelta per il mio futuro, ovviamente sto scherzando, la scelta è stata puramente personale. Ho cominciato a lavorare a 14 anni durante l’estate, prima di iniziare le superiori per un mese circa, in cucina di mio papà. Lì c’è stato il mio primo e vero impatto con questo lavoro e non è stato molto positivo. Passavo le giornate nelle retrovie a pelare cipolle e tritare prezzemolo per 6 ore al giorno tutti giorni e quando tornavo a casa mi domandavo “Ma chi me lo ha fatto fare?”. Poi l’ultima settimana mi hanno spostato all’interno della cucina, mi sembrava di vivere un sogno, le mie mansioni non erano cambiate però mi sentivo parte del gruppo, ero lì a lavorare vicino ai fornelli e ai colleghi. Finito questo piccolo “battesimo”, ho iniziato la scuola alberghiera a Castelfranco Veneto, mi piacevano tutti gli indirizzi, ovvero sala e bar, ricevimento e cucina, ero molto portato in tutto, ma la mia preferita era ovviamente la cucina. Già dalle prime pratiche, la prima cosa che notai era che manualmente ero più bravo rispetto a miei compagni, questo grazie alle piccole esperienze che avevo svolto durante l’estate. Il ricordo più bello che ho della scuola, era la competizione che si creava tra compagni durante le ore di pratica, tutti volevo dimostrare di essere più bravi dell’altro e questa è stata una cosa molto positiva, perché mi ha spinto ad impegnarmi sempre di più.
Nonostante la sua giovane età ha già esperienze lavorative di rilievo alle spalle, cosa le hanno insegnato? E in particolare, cosa le ha lasciato la partecipazione al Global Chef Challenge 2022? Una volta terminati gli studi il mio sogno era quello di poter viaggiare e fare esperienza all’estero, ho lavorato in diverse capitali Europee, tra cui Dublino e Copenaghen ma, l’esperienza più significativa l’ho vissuta a Londra, dove sono stato per tre anni e ho lavorato in uno dei ristoranti più storici, Le Gavroche, 2 stelle Michelin e al Claude Bossi at Bibedum, 2 stelle Michelin. Sono stati tre anni fantastici dove sono cresciuto molto come cuoco, ma soprattutto come persona. È stata una gavetta molto dura, giornate di lavoro infinite e tanta tensione e stanchezza, ho visto molti giorni bui e preso un sacco di rimproveri. Per quanto riguarda il Global chef Challenge, che dire, è un’esperienza unica, che ti capita una volta nella vita. Per poter svolgere questo concorso il percorso è stato molto lungo, dopo aver vinto i campionati italiani della cucina nella categoria junior nel 2017, sono stato selezionato per entrare a far parte della nazionale italiana cuochi e, mi è stata proposta la partecipazione a questa competizione. Una delle competizioni più toste nell’ambito culinario, dove si sfidano i migliori chef di tutto il mondo. Per poter partecipare a questa gara ci sono delle selezioni da superare prima nazionali e poi continentali e, infine, i migliori 18 si sfidano nella gara finale. In questo viaggio che causa covid è durato 4 anni, non sono stato solo, avevo il supporto del mio compagno di squadra Tommaso Bonseri Capitani, un ragazzo di 24 anni davvero in gamba, molto preparato e preciso, una vera macchina da guerra e, il mio coach, Pierluca Ardito, la nostra mente e guida in quest’avventura. In questo percorso non abbiamo solo creato piatti e ricette nuove, ma ci siamo arricchiti in tutto, abbiamo conosciuto un sacco di chef e colleghi e imparato a fare tante cose nuove e, grazie ad amici artigiani abbiamo imparato anche a creare stampi in silicone, in legno e in acciaio. Il giorno della gara è stato molto bello, siamo entrati nel box sereni e fiduciosi e abbiamo dato del nostro meglio. Una volta finita sono partite le emozioni, era appena terminato un percorso lunghissimo e nella mente riaffioravano tutte le ore di lavoro passate. Abbiamo ricevuto tanti complimenti dagli avversari ma soprattutto dai giudici. Una frase che non dimenticherò mai è stata quella del capo di giuria che ci ha detto: “È stato un onore per noi poter degustare il vostro menù” lì non ho resistito, sono scoppiato a piangere. La sera della premiazione è stato come vivere un sogno ad occhi aperti, eravamo molto agitati perché sapevamo che eravamo sul podio, ma ancora non sapevamo se nel gradino più alto, e, quando hanno chiamato il vincitore sentire il proprio nome è stata una delle cose più belle della mia vita, perché mi sono sentito ripagato di tutto il lavoro e i sacrifici che avevo fatto fino a quel momento.
Quali sono le tre qualità che secondo lei, non devono mai mancare ad uno chef? Sicuramente la passione e la fantasia, ma la più importante secondo me è il sorriso. Fare il cuoco è un lavoro molto duro, fatto di sacrifici, pieno di giorni di lavoro, di clienti esigenti e giornate che non finiscono mai. A me piace questo lavoro, ma per dare il meglio di me ho bisogno di lavorare in un gruppo unito, dove regna la serenità e lo spirito di squadra.
In ultima battuta, ci sveli la sua ricetta del cuore? E come mai proprio quella? Sono tante le cose che amo cucinare, ma se devo racchiuderle in un gruppo direi le carni! È un mondo molto affascinante che richiede molta tecnica ed esperienza. Ho lavorato prevalentemente in ristoranti con cucina classica e quindi ho praticamente sempre cotto la carne senza l’aiuto di sonde o metodi di cottura sottovuoto e, di questo sono molto contento. La cucina moderna, più in generale i servizi per il pubblico, richiedono sempre di più uno standard preciso e quindi molte volte si utilizzano questi metodi di convezione per facilitare e velocizzare le lavorazioni, sono degli strumenti fantastici e che se usati nel modo corretto valorizzano ancora di più il prodotto finale, però a parere mio soprattutto nei giovani, si è troppo influenzati da queste tecnologie e si va un po’ a perdere il tatto e l’abilità del cuoco. Se devo scegliere una ricetta in particolare, direi gli gnocchi al ragù di mia nonna Rina che, oltre ad essere uno dei primi piatti che ho imparato grazie a lei, è sicuramente il mio piatto preferito.

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Non ci resta che fare i complimenti agli azzurri, per questo importante risultato che hanno portato a casa. A presto readers!
Di Michaela Alfano
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